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Reazione di Maillard: attenzione ai pericoli di un cibo buono ma non salutare

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Avete presente quell’inconfondibile odore della carne cucinata alla griglia? O ancora, vi siete mai chiesti come mai il sapore di cibi cotti al barbecue sia così irresistibile? Ebbene il merito è della reazione di Maillard.
Questo processo chimico, che sta dietro ai fornelli, non solo intensifica l’esperienza gustativa elevando il sapore e il piacere sensoriale dei cibi che tanto amiamo, ma introduce anche una serie di variabili complesse che possono avere implicazioni e un impatto significativo sulla nostra salute e sul nostro benessere.
Approfondiremo allora in questo blog alcune informazioni generali su questo processo chimico e sui sulle tecniche di cottura che possono favorire o mitigare la manifestazione di questa reazione, fornendo un utile prontuario per chi desidera esercitare un controllo più preciso sulle proprie preparazioni culinarie con un occhio attento al gusto e alla salute in generale.

Cosa è la reazione di Maillard?

Chi si interessa di cucina (non parliamo necessariamente di chef stellati) prima o poi si imbatte nella “reazione di Maillard”; con questo termine si è soliti indicare quel processo chimico di glicazione non enzimatica che avviene tra un aminoacido delle proteine e uno zucchero riducente, quando sono esposti a temperature elevate. In questo caso, infatti, si parla di tecniche di cottura che si aggirano a non meno di 140 °C, ed è proprio questo che avvia la reazione chimica di trasformazione dei componenti del cibo. A livello delle molecole il processo implica la condensazione dello zucchero con l’aminoacido, seguita da una serie di riarrangiamenti molecolari che portano alla formazione di molteplici composti, noti come prodotti di Maillard.
Questi composti sono responsabili delle caratteristiche organolettiche di colore, sapore e aroma che arricchiscono l’esperienza sensoriale dei cibi. Pensate ad esempio alla crosticina del pane appena sfornato o quella di una bella bistecca alla piastra, così come il  bouquet aromatico della tostatura del caffè, o ancora il gusto ricco di una bella frittura. Ecco in questi cibi il fenomeno chimico si manifesta visivamente dietro la crosta marrone e croccante della carne alla griglia o del barbecue, o del colore dorato dei biscotti e anche nella migliore palatabilità degli alimenti.
E mentre l’alta temperatura è un catalizzatore fondamentale, anche il pH e la presenza di particolari minerali possono chiaramente modulare la velocità e l’intensità di suddetta reazione. Per questo è importante tenere conto di svariati aspetti e non solo del livello della temperatura, ma ragionare anche sui tempi e sulle tecniche dedicate alla cottura degli alimenti, per preservare gusto, principi nutritivi e soprattutto benessere alimentare.

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Chi fu Maillard?

A dare il nome a questa reazione è stato Louis-Camille Maillard, nato nel 1878 a Pont-à-Mousson, in Francia, chimico francese la cui eredità scientifica ha permeato svariate discipline, dalla cucina alla medicina. Formatosi presso l’Università di Parigi, Maillard si specializzò in medicina e chimica, e la sua scoperta del fenomeno chimico che oggi porta il suo nome ebbe luogo nel contesto della sua ricerca sui processi di glicazione e glicosilazione, focalizzata inizialmente su questioni di biochimica e fisiopatologia. Maillard per primo chiarì al mondo scientifico il meccanismo in questione e dette un quadro molecolare di come la formazione di composti, risultato dell’alta temperatura, arricchissero la sensorialità degli alimenti, e tale concetto, sebbene nato in un originario contesto medico e biochimico, ebbe notevoli implicazioni in numerosi campi della scienza, aprendo anche nuove frontiere nello sviluppo di tecniche culinarie, nella produzione alimentare industriale e nel campo della nutrizione, spingendo la ricerca anche sulle sue implicazioni sanitarie, compresa la generazione di potenziali composti tossici e mutageni.

Perché è importante la reazione di Maillard?

Indubbiamente la reazione di Maillard è uno degli eventi chimici più significativi che si verificano nel contesto della preparazione alimentare e  nella definizione delle proprietà organolettiche dei cibi cotti. I numerosi cambiamenti sensoriali generati nei prodotti alimentari portano a dei risultati che intervengono sotto il profilo cromatico e aromatico in maniera  sì complessa, ma parecchio interessante. Prendiamo, ad esempio, il colore dorato o marrone che si sviluppa durante la cottura, un cambiamento non solo esteticamente piacevole, ma anche segnale visivo della trasformazione chimica che apporta profondità e spessore al sapore del cibo. Non solo stimolazione visiva, ma anche olfattiva: durante questo processo, la decomposizione termica degli zuccheri e delle proteine (aminoacidi) generano diversi composti volatili e non volatili che contribuiscono al carattere  aromatico del cibo. Dal punto di vista del sapore, con la cottura ad alta temperatura si introducono note tostate, nocciolate e caramellate che amplificano la gustosità del cibo e donano sfumature organolettiche in grado di migliorare notevolmente l’esperienza sensoriale della degustazione.

Quale tra queste tecniche di cottura può favorire la reazione di Maillard?

Tra le varie tecniche di cottura, la grigliatura, la frittura e la cottura al forno, presentano le condizioni ideali per avviare questo processo chimico, e la loro scelta e applicazione selettiva può significativamente influenzare il risultato del piatto.

La grigliatura, grazie all’alto calore e al contatto diretto del cibo con la superficie calda della griglia, è una modalità che favorisce la formazione di composti aromatici e di una crosta esterna croccante e colorata, contribuendo a un profilo sensoriale ricco e profondo. D’altra parte, però, anche la frittura è un altro metodo efficace per promuovere la reazione di Maillard, in quanto l’olio caldo assicura un rapidissimo trasferimento di calore uniforme, responsabile tra l’altro della tipica croccantezza dei cibi fritti e di quell’inconfondibile sapore.
Passando alla cottura in forno possiamo individuare in questa tecnica sicuramente una modalità meno intensiva, per cucinare gli alimenti, ma non per questo meno capace di favorire la reazione di cui parliamo. In questo caso, infatti, il calore del forno si distribuisce in maniera uniforme, creando un ambiente in grado di avviare processi chimici di trasformazione di zuccheri e proteine, con il risultato dei composti aromatici.  In tutti i casi, però, resta cruciale il poter monitorare costantemente tempi e temperature, onde evitare un eccessivo sviluppo di composti indesiderati, pensiamo ai cibi bruciati, ad esempio, per niente gustosi al palato, meno che mai alla vista!

La reazione di Maillard fa male?

È proprio vero che “anche il cartone se fritto è buonissimo”, la frittura, cosa innegabile per chiunque, è sicuramente una delle tecniche più comuni in grado di rendere tutti i cibi davvero parecchio gustosi. Ma c’è un “però”… e sì, perché la frittura fa male! E non solo quella, in generale, tutti i cibi sottoposti all’alta temperatura possono sprigionare sostanze tossiche e pericolose se inalate o ingerite. Alcuni di questi composti, come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici, sono potenzialmente nocivi e carcinogeni.
La reazione di Maillard, benché sia fondamentale per conferire a numerosi alimenti quella gamma di sapori, aromi e colori che contribuiscono al loro appeal sensoriale, porta con sé, però, tutta una quota di implicazioni che vanno esaminate sotto l’aspetto della salute. Pertanto è doveroso rispondere in senso affermativo alla domanda se la reazione di Maillard sia dannosa e possa avere effetti collaterali sul piano nutrizionale e sanitario. 

Tra i risultati peggiori dell’alta temperatura c’è infatti la formazione delle acrilammidi, composti che tendono a formarsi in alimenti ricchi di amido, e che possiedono, in elevate concentrazioni,  un elevatissimo rischio per diventare neurotossine cancerogene. Anche gli eterociclici aromatici, che abbiamo citato prima, una volta ingeriti, possono andare incontro a una serie di trasformazioni metaboliche fino alla formazione di addotti al DNA, con potenziale conseguente innesco di processi oncogenici.

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Perché preferire la cottura a bassa temperatura

Queste nostre riflessioni indubbiamente non implicano il fatto che si debba evitare categoricamente di ingerire alimenti cotti ad alta temperatura, ma sicuramente bisogna fare un uso più responsabile e consapevole dell’alimentazione e delle varie tecniche di cottura, cercando, dove e quando possibile, di sostituirle ad altre modalità per cucinare e preparare i nostri cibi. Se è vero che l’alta temperatura rende “bonificati” i cibi, consentendone l’assimilazione sicura, esiste infatti un’altra tecnica altrettanto valida sulla gestione salutare dei cibi, e che li mette al riparo da infezioni e agenti patogeni, ma che consente un altrettanto importante bouquet aromatico. Stiamo parlando della cottura a bassa temperatura. Questa tecnica di cottura, basata sull’utilizzo di temperature controllate e moderatamente basse, perché oscilla su valori che generalmente non superano i 90 °C e permette di preservare l’integrità nutrizionale degli ingredienti, minimizzando la formazione di composti indesiderati.
Ma non solo, perché grazie a questa modalità i cibi mantengono la loro umidità intrinseca, migliorando così la texture e facilitando la preservazione dei loro profili aromatici naturali.

Se desiderate scoprire il doppio vantaggio di una cucina buona e che fa anche bene, vi invitiamo a scoprire la varietà dei nostri menù, dove potrete trovare una gamma di piatti non solo pronti e cotti a bassa temperatura, ma anche consegnati direttamente a domicilio, fruibili nella comodità della vostra casa e quando lo vorrete. Tutte le nostre portate sono infatti organizzate in singole porzioni e possono venire rigenerate in pochissimi minuti, accontentando tutti i gusti e le esigenze di tempo. Proprio un ulteriore incentivo per fare di questa modalità di cottura un pilastro del vostro regime alimentare. 

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